Non più di tre mesi fa scrissi un articolo sulla manipolazione dell’informazione, intitolato “La manipolazione della realtà attraverso i media”, nel quale denunciavo il profondo tradimento della propria importantissima missione sociale da parte degli organi di informazione ufficiale, descrivevo i principali meccanismi di manipolazione diretta o indiretta delle notizie e ponevo l’accento sul dilagante conformismo che caratterizza i giornalisti e che impedisce loro di pensare, analizzare, collegare, approfondire e verificare le notizie prima di proporle all’opinione pubblica. Insomma, in definitiva, di assolvere alla missione come si deve.
Ed ecco che martedì 23 luglio le più importanti testate hanno lanciato una notizia riguardante l’operazione “Ghost Taxation” della Guardia di Finanza presso l’Agenzia delle Entrate che avrebbe portato all’arresto di funzionari, alla denuncia di alcuni professionisti e al sequestro di beni per oltre tre milioni di euro. Peccato che la notizia fosse completamente falsa ed originata da un comunicato della Guardia di Finanza appositamente artefatto che qualcuno avrebbe inviato per posta elettronica alle maggiori agenzie di stampa e testate giornalistiche. Ebbene, le più grandi testate giornalistiche, come il Corriere della Sera, La Repubblica e Il Tempo, hanno prontamente diffuso la notizia. Senza analizzare, approfondire né verificare, appunto.
Se l’accaduto può apparire vergognoso per organi ufficiali di stampa, che hanno la precisa responsabilità di informare (e formare) correttamente l’opinione pubblica, le successive smentite appaiono oltremodo penose: anziché fare pubblica ammenda per la superficialità, la carenza di senso critico e la colpevole passività che li ha contraddistinti nella vicenda, i giornalisti hanno puntato unanimemente l’indice contro l’autore del comunicato, definendolo “hacker davvero bravo” e accusandolo di aver violato i sistemi informatici del comando generale della Guardia di Finanza, tanto da spingere la procura ad avviare un’apposita indagine.
Menzogne su menzogne. Impersonare un mittente di posta elettronica è un gioco da ragazzi, nel vero senso della parola, tanto che potrebbe farlo un qualsiasi neofita con una conoscenza basilare dei protocolli di messaggistica, senza alcuna necessità di violare il sistema informativo del presunto mittente. Lo stesso comando della Guardia di Finanza, infatti, ha candidamente ammesso che “copiare un indirizzo di posta elettronica non è molto difficile per un esperto”. Il presunto colpevole, soprannominato “Corvo del Fisco”, avrebbe già realizzato altri due falsi comunicati nel recente passato, sempre ai danni dell’Agenzia delle Entrate, eppure i suoi colpi continuano ad andare a segno senza ostacoli di sorta. Una semplicissima telefonata di verifica dalla redazione avrebbe risolto la questione sul nascere, e invece…
Una grave negligenza degli organi di informazione, costituita dal non verificare preventivamente un comunicato palesemente fasullo, viene trasformata nella grande abilità di un presunto hacker nel penetrare i sistemi informativi della Guardia di Finanza e nell’aggirare i controlli delle agenzie di stampa. L’attribuzione dell’etichetta di hacker, peraltro piuttosto abile e preparato, consente di spostare ignobilmente la responsabilità della vicenda, trasferendola dagli organi di informazione, i veri colpevoli, ad un perfetto sconosciuto che sarà pertanto oggetto di indagine. Non è responsabilità dei giornalisti, che non svolgono correttamente il proprio compito sociale, non verificano le fonti e si fanno ingannare dal primo che passa, bensì di quest’ultimo che si sostituisce, invero piuttosto bonariamente, alla fonte istituzionale della notizia.
Non è forse questa una precisa manipolazione della realtà?
Cosa ha dimostrato questa vicenda? Che i sistemi informativi della Guardia di Finanza sono vulnerabili? No, perché non c’entrano minimamente. Che l’Agenzia delle Entrate è da qualche tempo nel mirino di un presunto hacker? Forse. Che impersonare un mittente di posta elettronica è un’operazione piuttosto semplice? Si, certo, ma è una pratica conosciuta da qualche decennio, non è certo una scoperta sensazionale.
Allora, che cosa ha dimostrato veramente questo spiacevole episodio?
Che l’informazione ufficiale non è più attendibile da tempo e che i giornalisti non sono più degni di essere definiti tali in quanto ormai totalmente passivi e conformisti nei confronti delle fonti gerarchicamente più elevate della piramide dell’informazione, agenzie di stampa in primis.
Come già detto, nessuna analisi, nessun approfondimento, nessuna verifica, ovvero nessun rispetto verso i cittadini che ancora si fidano ciecamente dell’informazione ufficiale. La loro missione non è mai stata quella di informare correttamente l’opinione pubblica, di proporre una corretta ed imparziale visione della realtà, di alimentare la cultura generale della massa con notizie veritiere, approfondite, collegate e accuratamente verificate alla fonte. Essi sono ormai talmente abituati a ripetere pedissequamente quanto viene loro sottoposto, che per primi non sono più in grado di distinguere fra una notizia vera e una falsa. O forse, in fondo in fondo, non gliene importa granché, tanto spinto è il loro asservimento.
Abbiamo veramente bisogno di questa informazione ufficiale?
Ettore Guarnaccia