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Emozionante ritorno alla Comunità “La Mammoletta” dell’Elba

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Il mio viaggio in Toscana non avrebbe potuto concludersi in modo più significativo di così, con una nuova visita alla Comunità “La Mammoletta” di Portoferraio, parte della Fondazione Exodus di Don Antonio Mazzi. Marta e Stanislao, che diversi anni fa hanno iniziato questa straordinaria avventura di accoglienza per ragazzi con difficoltà psicologiche e dipendenze, hanno voluto che fossi loro ospite la sera del 22 febbraio, dopo aver partecipato alla mia conferenza a Porto Azzurro. Quella sera, i ragazzi della comunità, molti dei quali avevano assistito alla conferenza, hanno preparato una pizza deliziosa con passione e impegno.

Al mio arrivo, accompagnato da mia moglie e il mio cane come a maggio dell’anno scorso, mi hanno accolto con una calda ospitalità. Alcuni si sono avvicinati, animati da mille domande sui temi della conferenza, dalle implicazioni dell’abuso digitale alle rapide trasformazioni tecnologiche che stanno per cambiare il nostro mondo. Vivendo insieme, abituati a confrontarsi direttamente, a guardarsi negli occhi e a condividere esperienze vere e profonde, esprimono una preoccupazione genuina per un futuro digitale che ci rende sempre più soli, passivi e fragili. Dalla loro prospettiva analogica, vedono chiaramente ciò che l’homo digitalis, immerso nel vortice assuefacente e ipnotizzante del digitale, non riesce più a percepire. Penso che questa consapevolezza rappresenti una luce di speranza di cui abbiamo tanto bisogno.

Incontrare i loro sguardi sinceri, i sorrisi che nascondono storie difficili, non è mai facile. Ognuno di loro porta con sé un passato doloroso, un cammino irto di difficoltà, un futuro che sperano di conquistare. Sono ragazzi belli, nel cuore prima che nell’aspetto, con occhi brillanti che rivelano momenti di rabbia e sofferenza, soprattutto quando parlano di esperienze dolorose della loro vita. Ma la comunità, la speranza di una nuova possibilità, li sostiene. Alcuni, con uno sguardo più luminoso, condividono sogni, desideri e passioni, condividendo un futuro migliore che stanno disegnando per sé.

Marta e Stanislao hanno dedicato la loro vita a questi ragazzi, ma le difficoltà, ogni giorno, sembrano crescere, così come le richieste di aiuto che non riescono a soddisfare. Una frase, detta tra le lacrime, mi ha colpito profondamente: “Dalla comunità sono passati tanti giovani con problemi gravi, ma non abbiamo mai visto una devastazione come quella dei giovani di oggi“. Le vecchie forme di dipendenza stanno lasciando il posto alle nuove, alimentate dal digitale, dai social media, dalla ricerca incessante di approvazione e dal vuoto che le piattaforme di prostituzione online alimentano, in cambio della dignità di questi ragazzi. È una tragedia silenziosa che meriterebbe di essere raccontata, ma che invece continua a crescere nell’indifferenza delle istituzioni.

Eppure, in quella comunità si respira un’energia che va oltre le parole, un’accoglienza che fa sentire chiunque arrivi come a casa. Mentre il mondo esterno sembra lottare contro una solitudine mascherata da interazioni digitali, i ragazzi della Mammoletta sono davvero insieme: fisicamente, mentalmente, emotivamente. Vivono esperienze autentiche, che non sono effimere come quelle del digitale, ma che lasciano un segno profondo. Sono anime ferite, ma con un potenziale di bellezza che emerge ogni volta che si offrono agli altri con sincerità.

Una delle attività che più mi ha colpito è la nautica, un’attività che permette loro di prendersi cura delle imbarcazioni, di navigare sotto la guida esperta di Stanislao. Il mare è diventato una metafora potente per loro, un elemento che, nel suo vasto e talvolta tempestoso abbraccio, rappresenta il percorso di salvezza e rinascita che stanno cercando. Nelle storie che raccontano al “Bullone“, un’organizzazione che dà voce ai loro pensieri, il mare diventa protagonista di metafore che parlano di scogli, tempeste, onde malate e problemi che vengono a galla, ma anche simbolo di una nuova rotta da tracciare per la rinascita.

Dopo aver condiviso con loro momenti intensi e toccanti, ho dovuto salutarli, portando con me la speranza che possano superare le loro difficoltà e vivere finalmente una vita piena, lontana dalle tempeste che ancora segnano il loro cammino. Ho salutato con affetto Marta e Stanislao, due pilastri che rendono possibile tutto questo, promettendo di rivederci il prima possibile.

Cari Marta e Stanislao, cari ragazzi, che il vento vi soffi sempre in poppa. A presto!

Ettore Guarnaccia


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